A vent’anni dallo scoppio di Tangentopoli possiamo fermarci e riflettere su quei fatti, lontani dalle esigenze e dai toni accesi della cronaca. L’occasione per la serata è stata offerta dal libro Eutanasia di un potere – Storia politica d’Italia da Tangentopoli alla Seconda Repubblica del giornalista del settimanale l’Espresso Marco Damilano, pubblicato a inizio 2012 da Laterza.
Spiega Damilano che l’intento del libro era anche quello di uscire da una lettura esclusivamente giudiziaria di quei fatti. Diverse sono state le interpretazioni di quelle vicende, provenienti dai diversi attori in campo: da un lato la tesi secondo la quale la magistratura è intervenuta per risanare un sistema ormai marcio e corrotto, dall’altro l’idea di un golpe dei giudici, rei di aver colpito e affondato quei partiti che avevano costruito la democrazia in Italia.
Di sicuro Tangentopoli è servita per evidenziare una tendenza tutta italiana, non ravvisabile altrove in Europa: lo scarso, se non inesistente, ricambio della classe politica, del tutto fisiologico in altri Paesi. Nel 1992 l’Italia vedeva personalità politiche che stavano in scena dall’inizio della Repubblica. A discapito della sensazione di onnipotenza di quella classe politica, il sistema crolla nel giro di un anno, il 1992, anno scosso da numerosi fatti: le stragi della mafia di Falcone e Borsellino, gli arresti e i suicidi eccellenti, l’irruzione in politica di nuove forze, prima fra tutte la Lega. Tutti segni di un periodo che stava finendo.
D’altronde l’Italia non è nuova a questi stravolgenti veloci, la sua storia è piena di bienni traumatici (1920-21, 1942-43, per esempio). Anche il 1992-93 sancisce uno stacco con il passato e vede strutture storiche, come la Dc, dissolversi in pochi mesi. Un po’ come quello che ai nostri giorni, ricorda il giornalista, sta succedendo al Pdl e al berlusconismo, una fine più grottesca che drammatica, ma comunque estremamente rapida. Non a caso viene citato Berlusconi, proprio perché forse ha rappresentato l’effetto politico più dirompente di quelle inchieste, l’uomo carismatico che poteva colmare il vuoto lasciato dalla Dc e dal Psi e che sembrava potesse dare risposta all’esigenza di nuovo che proveniva dalla società. Purtroppo sappiamo quanto sia pericoloso che un partito sia legato più al fascino di una persona piuttosto che al fascino delle idee. Anche oggi infatti c’è un nuovo vuoto politico da colmare e dovremo attendere i prossimi mesi per capire chi potrà rispondere ad esso.
Presente alla serata anche l’avvocato Giulia Boccassi, Presidente della Camera Penale della Provincia di Alessandria, la quale dalla lettura del libro di Damilano ha fatto scaturire una serie di riflessioni soggettive e più vicine alla sua professione. Boccassi infatti racconta di aver vissuto molto da vicino le vicende di Tangentopoli, in quanto in quel periodo lavorava a Milano in uno studio di avvocati che difendeva persone coinvolte nelle indagini. “Quei mesi sono stati convulsi ed emozionanti – ha raccontato – ogni giorno entravano in scena personaggi nuovi ed eccellenti”.
Di sicuro, dal punto di vista giudiziario, vi è stato un prima e un dopo Tangentopoli. Innanzitutto quello che ha davvero preso il sopravvento è stato l’aspetto mediatico. Le vicende processuali, dal 1992 in poi, sono entrate prepotentemente nelle nostre case attraverso i giornali e la tv. Tutti i media hanno vissuto di rendita sullo scandalo che aveva coinvolto i partiti e il fatto che le persone fossero grandi nomi della vita del Paese aumentò l’attenzione e l’interesse della società.
Da quel momento il processo si sviluppa sempre meno nelle aule dei tribunali e sempre più sulle prime pagine o sugli schermi televisivi. La gogna mediatica fa ancora più paura del processo vero e proprio e della pena effettiva.
L’ingresso dei media ha dato il via a un processo di spettacolarizzazione anche della giustizia e non sono stati pochi i casi di violazione del codice per consentire di mettere in piazza gli sviluppi delle indagini o di smuovere le passioni degli spettatori (come il caso di Enzo Carra, arrestato per falsa testimonianza e portato in udienza in manette). Il processo viene anticipato sui media e i plastici, le conversazioni intercettate, le testimonianze rubate che hanno contraddistinto gli anni più recenti sono probabilmente diretta conseguenza di quelle tendenze innescate da Tangentopoli.
Un altro importante aspetto che ha scardinato il sistema giudiziario, continua Boccassi, è stato l’uso distorto della custodia cautelare. La magistratura si è sentita investita dal popolo di un potere eccezionale e spesso alcuni diritti sono stati mortificati. La custodia cautelare infatti veniva usata come strumento di indagine e la confessione era l’unica via per evitare la carcerazione.
Gli avvocati hanno dovuto adeguarsi a questa nuova realtà, ma ad essere toccati sono stati anche gli equilibri fra magistratura e politica. È da qui che si è instaurato uno schema di contrapposizione sempre più aspra fra questi due mondi, dinamica che ha invaso la vita del Paese negli ultimi vent’anni facendo diventare l’ambito della giustizia un vero e proprio campo di battaglia.
In conclusione riprende la parola Damilano: nell’ultimo anno stiamo rivivendo una fase di crisi e transizione. La sensazione è che le cose non cambino mai in profondità e questo perché sarebbe necessario un cambio di mentalità della società italiana. Mani Pulite ci ha abituato a far parte di una platea di osservatori, ma finché non ci assumeremo tutti insieme le nostre responsabilità non faremo che passare di rivoluzione in rivoluzione, di ventennio in ventennio.
A cura di G. Guglielmi