La loro è una lotta contro gli stereotipi e i pregiudizi, affrontata con autoironia e anche in modo più istituzionale: Momo e Raissa raccontano le dinamiche della coppia mista e la diversità come valore aggiunto sui social e in un libro, Di mondi diversi e di anime affini, edito da De Agostini.
Insieme a Kwanza Musi Dos Santos, presidentessa dell’associazione “Questa è Roma” e diversity management consultant, Momo e Raissa hanno presentato il loro libro nel primo incontro del ciclo Storie in Evidenza,
Raissa Russi, laureata in Scienze dell’amministrazione e consulenza del lavoro, e Mohamed Ismail Bayed, 27enne nato in Marocco ma cresciuto a Torino dall’età di cinque anni e laureato in Scienze motorie con diploma da massofisioterapista, hanno raggiunto, in pochi mesi, migliaia di follower sul social TikTok e migliaia di visualizzazioni dei loro video
“Raccontiamo la quotidianità di coppia e le difficoltà nel rapporto. Abbiamo iniziato sui social quasi per caso, visto la poca consapevolezza sull’argomento – ha detto Raissa – Avendo così tante persone che ci seguono, sentiamo molta più responsabilità quando pubblichiamo qualcosa, dobbiamo stare attenti a non offendere”.
“Abbiamo scritto il libro per raccontare il percorso fatto: su Tiktok e Instagram i contenuti hanno una durata da pochi secondi a qualche minuto e non si può raccontare tutto. Sui social inoltre il linguaggio è diverso. Abbiamo comunque due profili separati, due vite e due punti di vista diversi, siamo insomma due individui differenti, ognuno con la propria cultura – hanno spiegato i due autori – È la nostra storia ma tutti si possono riconoscere. Ognuno di noi talvolta si sente diverso, e non sempre è un fatto negativo”.
Kwanza ha parlato anche di identità culturale e etnica: “La cultura è una delle cose che forma l’identità di una persona. Il conflitto nasce quando l’identità si forma in un contesto dove si preferisce una cultura unica e c’è un cultura dominante. L’identità si forma da sola come riflesso di ciò che si subisce. Il conflitto si crea quando si vuole imporre una cultura monolitica. Ma anche in Italia le differenze sono moltissime: linguistiche, fenotipiche, ad esempio. Se gli elementi culturali e identitari sono tanti, come il ceto sociale e la religione, aumenta la possibilità di creare un conflitto”.
“Anch’io avevo pregiudizi su Momo – ha detto Raissa – ragionavo per un vago sentito dire, che lui ha demolito in poco tempo. Avere un pregiudizio non vuol dire che non si può superarlo ma ci vuole la voglia di farlo”.
Momo ha raccontato di essere cresciuto in Italia con la cultura italiana e cristiana: “Anch’io ho avuto pregiudizi su culture più lontane ma poi ho capito che ciò che pensavo non era vero. Sicuramente ho subito pregiudizi”.
Per Kwanza “si fa fatica a riconoscere di non conoscere. Si ha paura di essere chiamati razzisti, ma nessuno ha il coraggio di dire di esserlo e di aver voglia di cambiare. Del resto è normale crescere razzisti con la comunicazione che c’è”.
Ai molti commenti di odio sui social, Momo e Raissa hanno sempre risposto con autoironia. “È una cura per alcune persone. Altri invece hanno bisogno di una vera lezione frontale”.
“A scuola non si studia il colonialismo, non c’è niente che ci aiuti a far capire l’impatto del razzismo a livello storico. – ha spiegato Kwanza – Non c’è una sola modalità per sconfiggerlo. L’autoironia non è per tutti, si devono prevedere iniziative e soluzioni strutturali. Bisogna intervenire anche sulla legge per la cittadinanza, senza la quale non si può accedere ai concorsi pubblici o agli esami di stato per le professioni”.
Si è parlato anche dei problemi burocratici che affrontano gli immigrati. “Un minorenne che non ha compiuto la migrazione coscientemente non è un immigrato ma è figlio di immigrati. Ci sono i richiedenti asilo, i migranti economici, i rifugiati. Le persone si spostano per volontà propria o condizionata. Però gli europei che si spostano non si chiamano migranti ma expat. Gli uomini si spostano dall’inizio dell’era umana, non si può parlare di emergenza, bisogna dare la possibilità alle persone che arrivano”.
“La legge sulla cittadinanza è discriminatoria – ha spiegato Kwanza – è di 30 anni fa ma già allora non rispecchiava il panorama sociale italiano. Chi nasce in Italia da genitori stranieri o chi arriva da piccolo ora deve aspettare i 18 anni per chiedere la cittadinanza”.
L’incontro è stato anche l’occasione per presentare “Dalla parte giusta della storia”, un’iniziativa promossa dalla rete per la riforma della cittadinanza per rivendicare il riconoscimento di oltre un milione di giovani nati e/o cresciuti in Italia.
Qual è il massaggio per i giovani e le persone più mature? “Informarsi, perché tutti i pregiudizi nascono dall’ignoranza, ovvero da ciò che non si conosce” ha detto Momo. E per Kwanza “per gli anziani è importante raccontarsi e favorire il dialogo coi giovani. Ai giovani dico di mettersi e mettere in discussione ciò che si ascolta”.