Perché spendere molti soldi per lo spazio con tutti i problemi che ci sono sulla Terra? È una domanda posta fin dai tempi dalla prima missione sulla Luna e che spesso fanno anche a Simonetta Di Pippo, astrofisica che è stata direttore Human Spaceflight presso l’Agenzia spaziale europea, direttore Observation of the Universe presso l’Agenzia spaziale italiana, direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico a Vienna e ora direttore dello Space Economy Evolution Lab di Sda Bocconi School of Management, ospite a Cultura e Sviluppo per presentare il suo libro Space Economy – La nuova frontiera dello sviluppo edito da Bocconi University Press – Egea in dialogo con Massimo Volante, fisico e presidente del Gruppo Astrofili Galileo,

“Meglio costruire ospedali o andare nello spazio? Me lo chiedono da 35 anni. All’Onu un programma che si occupa dello sviluppo doveva seguire la ricostruzione di un ospedale in Mali, un Paese in via di sviluppo con forti tensioni sociali, distrutto da una guerriglia. Per seguire il lavoro possiamo prendere immagini ad alta risoluzione a 15 cm, fornite gratuitamente da una società americana perché si tratta di un caso umanitario e vedere che l’edificio sta crescendo. Nessuno doveva andare a controllare, il team Onu si è recato sul posto solo alla fine dei lavori”.

Lo spazio è sempre con noi, con il navigatore sull’auto, la tv, la telemedicina, per l’agricoltura, per l’emergenza dopo un disastro naturale come un’alluvione, un incendio. “Dopo un terremoto possiamo vedere gli edifici coinvolti e dalla densità media della popolazione sapere quante persone possono aver bisogno di aiuto, quali strade e ponti sono ancora in funzione, dove far atterrare un aereo per i soccorsi. Le comunicazione terrestri smettono di funzionare ma quelle satellitari con antenne portatili funzionano sempre” ha spiegato Simonetta Di Pippo.

L’inizio dell’era astronautica vedeva la competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica. I russi nel ’57 hanno lanciato lo Sputnik, l’Explorer americano era pronto ma fu lanciato nel ’58. Nel ’61 il russo Gagarin va in orbita. Il presidente americano Kennedy spinse la missioni Apollo con la motivazioni politica di controbilanciare il potere sovietico. I russi hanno realizzato la prima missione sulla Luna, la prima attività extraveicolare, gli americani sono stati primi con a far arrivare l’uomo sul nostro satellite.

Nel suo libro, Simonetta Di Pippo definisce Elon Musk un visionario spaziale. “Ha introdotto molte innovazioni. Con Space X ha seguito indicazioni della Nasa, ottenendo un abbassamento dei costi e ora ha praticamente monopolio nei lanci. Ed è lui che guida il futuro dello spazio. Il veicolo Starship può servire anche per trasporti terrestri, per esempio per andare da Londra la Los Angeles in 30 minuti. Ma con i satelliti può fornire i collegamenti a 2,3 miliardi di persone che ancora non hanno connessione. E chi rivoluziona i collegamenti ha il controllo del sistema”.

Si va verso il made in space? Si potranno stampare cibo per astronauti, cerotti per il cuore, organi umani? “Interventi di sostituzione del cuore con un organo stampato in 3d potrebbe essere una soluzione perché oggi le donazioni non sono sufficienti. Oggi bisognerebbe portare il materiale nello spazio e poi riportarlo sulla Terra e non sarebbe economico ma magari in grandi quantità e con performance superiori si può arrivare a un bilanciamento dei cosit. Per gli organi in 3d il mercato è solido ma la tecnologia è indietro”.

La relatrice ha parlato anche di astrodiplomazia, ricordando che quando gli americani lanciarono la Stazione spaziale internazionale, i sovietici avevano la Mir ma accettarono di entrare nel progetto facendo uno sforzo politico ed economico e la loro stazione fu fatta deorbitare. Già ai tempi di Kennedy, in piena guerra fredda, l’indicazione politica era di collaborare. Sulla Iss lavorano russi, giapponesi, canadesi, americani ed europei. Nel 2006 la Cina ha tentato di entrare nel progetto, la Nato era favorevole ma gli Stati uniti, non hanno voluto. Ora i cinesi hanno la loro stazione. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, c’è stato il lancio di un equipaggio con tre astronauti e un cosmonauta (due americani, un giapponese e una russa): erano 20 anni che un russo non partiva dal suolo americano.

La professoressa ha raccontato anche come si gestiscono le situazioni di emergenza nello spazio grazie ai trattati internazionali che obbligano gli Stati a intervenire per gli astronauti in difficoltà di qualsiasi nazionalità essi siano. “In pieno conflitto ucraino, i rapporti tra Stati Uniti e Russia sullo spazio sono rimasti gli stessi. Lo spazio è internazionale per definizione. Gli astronauti sono in interdipendenza, se manca una parte di qualsiasi nazionalità gli altri devono intervenire”.