Venendo
al nostro secolo, in cui lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di
massa e delle tecniche di coinvolgimento e persuasione delle persone
hanno assunto delle modalità preoccupanti, ci si interroga su quanto
la popolazione sia consapevole e critica circa ciò che viene
proposto dai mass-media o da figure politiche carismatiche. Si
evidenziano in particolare i seguenti p
unti
critici
:

  • L’informazione, all’origine, può essere molto
    diversa da come è proposta dai mass-media: può essere
    grossolanamente distorta per errore e mancata verifica delle fonti,
    o appositamente distorta con altri fini in base a uno scopo
    prefissato.

  • Notizie di cronaca sono drammaticamente
    ?sensazionalizzate?, al fine di evitare che l’attenzione si posi
    su altre notizie molto importanti ma politicamente scomode.

  • Informazioni insignificanti di vita privata di
    soggetti pubblici vengono usate al posto di seri programmi economici
    e politici, in quanto il canale emotivo e delle vicende personali è
    più persuasivo e coinvolgente che non quello razionale (in termini
    di consenso o voti)

  • Un leader rassicurante (anche se dice evidenti
    falsità) è
    contenitivo,
    in quanto fa leva su aspettative di risoluzione magiche.

  • Anche idee molto distorte e distruttive
    possono essere accolte e agite acriticamente da un enorme numero di
    persone, quando sono influenzate da una propaganda massiccia e ben
    studiata (ad esempio durante il nazismo)

  • Chi fa opera di persuasione occulta, sa di
    manipolare ed ha chiaro lo scopo subdolo (commerciale o politico che
    sia): a differenza di chi intende persuadere onestamente, non
    chiarisce il vero scopo e non vuole far sapere i mezzi che adotta.

Oggi,
tra l’altro, assistiamo a clamorosi omicidi spettacolarizzati per
mettere in secondo piano – come detto – le informazioni su eventi
politici spiacevoli, o su situazioni economiche di crisi; inoltre
abbiamo una profusione di scandali di minor conto, invece che notizie
su temi rilevanti. L’odierna popolazione adulta, quanto è
consapevole di essere oggetto di manipolazione? Quanto ci rendiamo
conto di essere
target
di politiche commerciali anche disoneste? E i bambini? Come crescono
le nuove generazioni in questo contesto? Cosa stiamo facendo per loro
sul piano educativo? Chi se ne deve occupare?


Pubblicità e
minori

Il
messaggio pubblicitario oggi è spesso rivolto ai minori: essi sono
il target
diretto quando
i prodotti pubblicizzati riguardano loro stessi;
indiretto
quando sono coinvolti nel far leva sull’adulto, affinché il genitore
adotti comportamenti di consumo (il bambino è il più efficace
?agente? pubblicitario dentro casa).

L’appiattimento
delle tappe evolutive

I
bambini (soprattutto le bambine) sono presentati nella pubblicità in
atteggiamenti non consoni all’età ma
adultizzati
precocemente, sia nell’abbigliamento sia nel comportamento e nelle
posture. Il messaggio che giunge a chi osserva, è dunque quello di
bambini seduttivi, vestiti in modo seduttivo e in posture corporee
che normalmente bambini e bambine non assumono. Questo messaggio
concorda con l’ormai diffuso appiattimento delle tappe dello
sviluppo: da una parte si assiste a un processo di
adolescentizzazione
precoce nell’infanzia, dall’altra a fenomeni di permanenza
nell’adolescenza da parte degli adulti (vestirsi da adolescenti,
atteggiarsi da adolescenti, etc.). Ne scaturisce un senso di
disorientamento nei bambini (essere grandi senza esserlo), con il
conseguente annullamento dei riti di passaggio che scandiscono la
crescita e lo sviluppo. Alcuni spot presentano bambini e bambine
(sotto i dieci anni) in pose ammiccanti, trasgressive, competitive
(pure sul piano sessuale). Anche l’adulto viene catturato da queste
immagini conturbanti ed è per questo che sono state create.

Inoltre
va rilevato che le immagini presenti nel messaggio pubblicitario, o
da esso suscitate, spesso esprimono una certa concezione della vita,
certi valori e inducono di conseguenza a certi stili di vita.


Tv
e attaccamento

La
televisione accesa è un oggetto luminoso che riproduce suoni,
immagini, visi e voci umane, cattura l’attenzione dei bambini sin dai
primissimi mesi di vita. L’esposizione eccessiva dei neonati allo
stimolo televisivo crea un meccanismo di attaccamento. Il bambino
dunque cerca la tv e la vuole vedere accesa: essa diventa per lui
qualcosa di molto simile ad altre cose rassicuranti (oggetti, giochi
e pupazzetti) e sostituisce così altri oggetti di attaccamento
affettivo (per esempio l’orsacchiotto sonoro).

Il
tema della tv-
baby sitter
è noto da tempo. A questo proposito si sottolinea il preoccupante
numero di ore in cui molti bambini sono esposti allo spettacolo
televisivo, in un tour forzato di programmi senza interruzione e con
una velocità di sequenza degli spot che non permette in nessun modo
un’elaborazione conscia di quanto è percepito. Ne consegue un
immagazzinamento in memoria senza filtro alcuno. Il bambino piccolo
non sviluppa un pensiero critico su ciò che vede, se è solo di
fronte al televisore. Ciò che lo spot dice è per lui il vero: solo
il confronto con l’adulto e con la realtà possono far sorgere in lui
il dubbio e quindi il pensiero critico.


Interazione
educativa adulto-bambino

È
l’adulto che dovrebbe filtrare le comunicazioni che il bambino
ascolta, e inoltre aiutarlo a dar senso a ciò che accade attorno a
lui. Più un adulto è consapevole, maggiori sono gli strumenti che
può fornire al bambino per distinguere la realtà dalla finzione, il
vero dal falso, il bisogno reale dal bisogno indotto dal messaggio
pubblicitario. Qui viene in primo piano il ruolo della famiglia o
delle figure adulte di riferimento (insegnanti di scuola o altri),
anche se non è per nulla scontato che questo ruolo sia esercitato.
Lo si vede, per esempio, nel caso dell’abbigliamento seducente, dove
l’appaiamento madre-figlia (piccola), favorito dalla moda, è
confusivo (come appare nelle immagini pubblicitarie proposte dalla
professoressa Ferraris: gonne corte, top corti, ecc.). La confusione
avviene su più piani: perché una bimba deve essere seducente? E
perché una mamma dovrebbe trovare interessante comprare a una
bambina abiti così? Perché devono apparire simili o imitarsi a
vicenda? Per i bambini può essere un gioco, ma gli adulti perché
azzerano queste distanze?


Psicologi
della pubblicità ed etica

Un’immagine
pubblicitaria che induca sentimenti regressivi nel bambino,
stimolando vissuti di contenimento e di sicurezza profonda (materna),
associati a un prodotto da comprare è una grave manipolazione della
sua mente, del suo vissuto intimo e della sua sana crescita psichica.
Specie in tali situazioni si può e si deve intervenire, denunciando
l’abuso e la scorrettezza. Recenti normative in Paesi come la Francia
hanno posto limitazioni alle trasmissioni televisive, quando il
target o lo strumento della pubblicità sono i minori. In Italia la
legislazione in merito è carente.

Con
l’introduzione degli psicologi nelle
équipes
dei pubblicitari, il modo di fare
pubblicità cambia. I processi mentali e l’analisi dei bisogni
diventano materia di studio per rendere più efficace il messaggio
pubblicitario, sfruttando i meccanismi propri della percezione,
dell’attenzione, della memoria e inoltre meccanismi più profondi
come le emozioni e i desideri inconsci. Le tecniche di
condizionamento che ne derivano implicherebbero un confronto continuo
con un codice etico atto a vigilare su ciò che è prodotto in
pubblicità. I forti interessi economici in gioco comportano però
che l’eventualità di una censura o di una multa possa essere un
rischio calcolato e dunque non induca a rinunciare a una
comunicazione consapevolmente scorretta. Molte pubblicità, infatti,
permettono di ottenere consistenti introiti in pochi giorni di
uscita, tanto da coprire agevolmente le spese per le penalità
subite.


Neuroscienze
e neuromarketing

Lo
sviluppo nelle neuroscienze e delle scienze cognitive ha permesso,
anche grazie alle recenti tecniche di
brain-imaging
(visualizzazione a colori di parti del cervello che si attivano in
relazione a una precisa stimolazione), di approfondire notevolmente
le modalità di funzionamento del cervello umano. L’utilizzo di
queste nuove conoscenze pure nel campo del marketing ha notevolmente
influito sullo sviluppo delle tecniche pubblicitarie, indirizzandole
ad una precisa strategia cognitiva, volta a far percepire,
memorizzare, rievocare e rielaborare in continuazione gli stimoli
degli spot. Lo si vede chiaramente nelle musiche (che ci ricordano
già il prodotto), nelle versioni brevi degli spot classici, che
sollecitano la memoria a ricostruire il pezzo mancante. Quest’ultimo
fenomeno accade anche con le mini ?barre? televisive, che
scorrono mentre guardiamo il programma; le barre, infatti, riattivano
un circuito neuronale in memoria, già appreso nella forma completa
nelle settimane precedenti. Molti spot o messaggi pubblicitari sono
gradevoli, belli (a volte veri e propri prodotti d’arte come lo sono
stati nella storia dell’arte, per esempio con il Futurismo),
catturano l’attenzione sul canale visivo estetico e per questo hanno
una forte fissazione in memoria. Anche i messaggi ?brutti?,
tuttavia, cioè quelli che non ci piacciono o ci turbano, rimangono
impressi in memoria, perché utilizzano un forte canale
cognitivo-emotivo.


Punti
salienti del
dibattito

L’animata
discussione con il pubblico, a seguito della conferenza, ha
evidenziato il comune sconforto nel sentirsi vittime della
manipolazione, col conseguente interrogativo su quali possono essere
i mezzi per sfuggirne. Gli interventi vertevano tra l’altro sui
seguenti punti:

  • la difficoltà a reagire, se così subdoli e
    diffusi sono gli strumenti usati dalla persuasione occulta;

  • la responsabilità etica ed individuale di
    scelta;

  • la differenza tra la buona e opportuna
    persuasione e la persuasione manipolatrice.

Un
interessante elemento di discussione è stato introdotto dal
professor
Blandino,
nel suo intervento pre-programmato, sulla relazione tra manipolatore
e manipolato: l’uno suppone l’altro e viceversa. Si apre così
un altro filone di osservazione, tipico della psicologia del
profondo: la manipolazione ha due partecipanti, chi manipola (e
perché manipola) e chi è manipolato (e perché si fa manipolare);
tra i due si verificano tacite collusioni. Qual è allora l’effettiva
relazione tra i due? A quali bisogni profondi assolve siffatta
relazione? Perché un individuo ha bisogno di controllare altri
individui e un altro individuo ha invece bisogno di essere guidato,
rassicurato?


Sintesi
a cura della Dottoressa Emanuela Serafino

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