L’incontro del Progetto Genitori del 10 maggio scorso nasce dalla presentazione del libro scritto dagli psichiatri Angela Spalatro e Ugo Zamburru, dal titolo Storie di ragazze che non volevano essere belle, edito da Gruppo Abele (2023).

La serata, dedicata al delicato tema dei disturbi dell’alimentazione, ha visto come ospiti lo psichiatra torinese Ugo Zamburru, accompagnato da tre delle protagoniste del libro: Giorgia, Chiara e Serena, che hanno condiviso le loro esperienze e testimonianze personali. Ugo Zamburru ha aperto la serata condividendo i motivi e le ragioni che lo hanno portato a interessarsi dei Disturbi del Comportamento Alimentare. “Quando ho visto queste persone, giovani, capaci, meravigliose, intelligenti, piene di energie, che non riuscivano ad andare avanti, da un lato ho provato tenerezza, dall’altra, ho provato una grande rabbia e ho sentito il bisogno di fare qualcosa insieme a loro. Pensate che, per i rigidi protocolli medici, le tre persone che vedete qui hanno avuto la stessa diagnosi, ma sono incredibilmente diverse tra loro. Credo che sia importante ascoltare le loro voci, perché raccontano una storia che arriva molto più direttamente, rispetto a quella tecnica che possiamo raccontare noi psichiatri. Questo è il luogo dove devono convergere i tre saperi: il sapere dei libri (come può esse il mio), quello dell’esperienza (ti racconto questa storia perché io l’ho vissuta) e il sapere della prossimità non professionale (familiari, amici, professori, etc.) Per me è importante pensare al cambio di paradigma, loro sono qui non come portatrici di un handicap ma come esperte di un problema, e sono qui per raccontare, parlare, testimoniare di un vissuto: la loro testimonianza è importante quanto e più della mia.

Se ci pensate, in Piemonte ci sono circa 250 casi di anoressia e 450 nuovi casi di bulimia all’anno, e ci sono 60.000 persone che soffrono di disturbi alimentari. A livello nazionale, i disturbi cardiaci sono solo il triplo di quelli del comportamento alimentare e se vogliamo vedere un po’ di futuro, forse dobbiamo passare dall’idea che dobbiamo investire in questo campo.

Cominciamo a spiegare al pubblico: perché avete scelto di scrivere insieme a noi questo libro?”

Serena: “Ho scelto di scrivere questa piccolissima parte di libro, che è la piccolissima parte della storia di ognuna di noi, perché la richiesta è arrivata in un momento particolare della mia vita. Ero stata dimessa da poco dalla comunità, stavo finendo il liceo e avevo lasciato il Conservatorio -che era una parte importante della mia vita, perché la musica si è presa una grandissima fetta dei miei studi. Quindi era un periodo in cui si stavano concludendo molte cose nella mia vita. Scrivere quasi di getto, mi ha aiutata a riflettere, a soffermarmi su determinate cose, perché molti ricordi erano inconsapevoli e mi ha aiutata ed essere consapevole di quello che era stato, di cosa avevo vissuto. Ho messo una specie di punto definitivo simbolico a quella storia poco piacevole, per questo ho accettato.”

Giorgia: “A me piace dare un senso a tutte le cose, anche se c’è il rischio di impelagarsi in discorsi complicati. Ma avevo bisogno di dare un senso a questa cosa, perché è stata talmente dilaniante, talmente dolorosa che anche solo pensare di tracciare una linea mi è stato di aiuto, mi ha permesso di chiudere questo cerchio. Scrivere la mia parte di libro è stato un po’ come condividere insieme alle mie compagne anche questa esperienza, insieme alle persone con cui ho condiviso un percorso, e il percorso comunitario è un po’ come le montagne russe, è un pezzo di vita condivisa ventiquattr’ore su ventiquattro, in più complicato dal periodo del Covid. Se potessi tornare indietro non scriverei le stesse cose, perché la vita è così dinamica e sempre in evoluzione, anche se, probabilmente, è ciò che provavo in quel momento e lo devo rispettare.

Chiara: “Io ho accettato di scrivere parte della mia storia e della mia vita con molta convinzione ed entusiasmo; ho deciso di scrivere in un momento abbastanza complesso perché avevo appena superato una ricaduta che mi ha fatto rivivere un po’ i ricordi e le emozioni vissute negli anni di ricovero, che avevo nascosto dopo le dimissioni. Raccontare il mio vissuto è stato un modo per riscattare tutto quello che Chiara aveva vissuto e non potevo perdere un’occasione del genere.”

La serata è proseguita con la condivisione delle esperienze delle protagoniste, alternata agli interventi esplicativi dello psichiatra, trattando punti come l’importanza del fare rete, il valore dell’ascolto, il ruolo della famiglia e degli adulti di riferimento, ma soprattutto, l’importanza del mantenere viva la speranza di potercela fare, nonostante l’incertezza.

Il racconto delle esperienze dirette vissute da queste ragazze vuole essere un contributo, una testimonianza offerta alle migliaia di persone che stanno vivendo una situazione simile, con l’intento divulgativo di far sapere che c’è la possibilità di uscirne, offrendo così una prospettiva e una speranza.

Per chi fosse interessato a vedere la registrazione della serata, è possibile farlo inviando una richiesta all’indirizzo: progetto.genitori@culturaesviluppo.it