Un libro sulla scienza nel quotidiano. “Dopo quelli sull’alimentazione, usciamo dalla cucina per andare nel resto della casa” ha detto Dario Bressanini, ospite a Cultura e Sviluppo per parlare della chimica “ovunque intorno a noi” e per presentare il suo ultimo libro, La scienza delle pulizie (Gribaudo, 2022). Professore di chimica al Dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia dell’Università degli Studi dell’Insubria a Como, dove svolge anche di ricerca, Bressanini ha un canale su YouTube seguito da oltre 500 mila persone, In qualità di divulgatore scientifico collabora con numerose testate giornalistiche, radiofoniche e televisive ed è autore di molti libri di successo.
Ci sono tanti fraintendimenti nell’uso delle parole e di conseguenza anche dei prodotti. Ogni termine infatti ha ripercussioni sulle proprietà dei prodotti. Lavare non significa disinfettare. Disinfettare, poi, non vuol dire igienizzare o sterilizzare. La candeggina, ad esempio, non lava (per questo serve un tensioattivo) ma disinfetta e sbianca.
Naturale vuol dire sano e prodotto chimico significa sostanza inquinante e dannosa per la salute? La chimica è l’unica scienza che ha un corrispettivo industriale con lo stesso nome e gli scienziati che lavorano in questo ambito sanno di essere additati come inquinatori. “In realtà si tratta di un fraintendimento culturale perché non esiste una definizione scientifica di ciò che è naturale – ha spiegato Bressanini – Si considera naturale ciò che è familiare ma per un chimico le proprietà di una sostanza dipendono solo dalla struttura delle molecole”.
Il sapone, ad esempio, si deve produrre, è un vanto della chimica dell’antichità, un prodotto chimico industriale a tutti gli effetti ma spesso si legge sulle confezioni la dicitura “naturale”. Anche il bicarbonato è prodotto con un processo industriale molto complesso eppure viene percepito come naturale perché esiste da almeno 150 anni.
Il professore ha spiegato la certificazione Ecolabel. “Come cittadini conosciamo poco cosa fanno le istituzione europee e gli organi tecnici come l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ndr). Il marchio biologico riguarda gli alimenti e le coltivazioni. Quindi se leggiamo ‘sapone biologico’ vuol dire che è fatto con ingredienti coltivati in modo biologico. Ma l’impatto ambientale dipende da ciò che si scarica nell’ambiente quando lo utilizziamo”. L’Unione europea si è dotata di un regolamento per ridurre l’impatto dei detergenti e di altri prodotti. L’etichetta Ecolabel in Italia non è diffusa come nei Paesi nordici. Le aziende aderiscono volontariamente e cambiano la formulazione dei prodotti. In realtà non c’è una forte pressione dei consumatori e per le industrie non è molto conveniente. Altre però sfruttano il desiderio dei consumatori di usare prodotti sostenibili, anche se alcune lo fanno a volte in maniera scorretta. Non è facile trovare i prodotti certificati nei supermercati. Nel settore professionale, invece, i prodotti Ecolabel sono l’80 per cento perché il loro utilizzo è richiesto nei bandi pubblici. Cleanright certifica invece la sostenibilità della fase di produzione.
In conclusione Bressanini ha parlato delle operazioni di greenwashing. “Ci sono azioni che a prima vista sembrano a favore dell’ambiente ma spesso sono sono è una ‘ripulitura dei panni sporchi’. È il prodotto che deve parlare: se inquina e l’azienda investe in un bosco dall’altra parte del mondo, non sta cambiando l’effetto di quel prodotto e non mitiga quell’inquinamento. Ma ci sono aziende che riducono veramente l’impatto ambientale: far riparare un capo di abbigliamento dal produttore anziché gettarlo è un azione vera sul prodotto”.
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