“Ha toccato. Neil è ormai decisamente sul suolo. Sono le 4,55 del 21 luglio 1969, il primo uomo sulla Luna… sembra una farfalla che esce dalla sua crisalide, che scopre una nuova vita”: sono le parole di Luca Liguori, storico inviato della Rai, che fu una delle voci della radiocronaca dell’allunaggio di cinquant’anni fa. Il giornalista è stato ospite a Cultura e Sviluppo per la serata dedicata al cinquantesimo anniversario dello sbarco dell’uomo sulla Luna, insieme alla professoressa Patrizia Caraveo, astrofisica di fama mondiale.

Negli anni Sessanta Liguori ha raccontato tra Cape Kennedy e Houston le più importanti missioni spaziali della Nasa fino a quella dell’Apollo 11. “Erano anni di grande speranza, di grande fiducia nel progresso scientifico e tecnologico, anche se c’era la guerra in Vietnam. I sovietici erano in grande vantaggio sulle missioni spaziali ma il presidente Eisenhower decise che gli americani dovevano annullare la distanza che li separava, Kennedy aveva promesso che gli Stati Uniti sarebbero stati i primi a mandare uomini sulla Luna, Nixon raccolse i frutti di quegli anni e spingeva ad accelerare i tempi” ha raccontato Liguori.

Le missioni erano ancora molto rischiose, c’era il 50 per cento di probabilità di non riuscire, lo sapevano anche i tre astronauti dell’Apollo 11. Liguori li ha conosciuti personalmente: “Neil Armstrong era un uomo dai nervi d’acciaio, Buzz Aldrin pensava di poter diventare il primo a toccare il suolo lunare ma non fu il prescelto e cadde in depressione. Michael Collins era il più pacato ma il fatto che la missione potesse fallire tormentava la sua mente. Quando il Lem si staccò, lui rimase a bordo del modulo di comando in orbita. Le comunicazioni si interrompevano per 45 minuti quando era dietro la Luna, è stato l’uomo più solo del mondo”.

Molti astronauti, anche delle missioni successive, soffrirono una sorta di depressione al ritorno dalle missioni sulla Luna. “La Nasa ci ha allenato per anni ad andare lassù, ma non ci hanno mai insegnato a ritornare a vivere sulla Terra!” disse Armostrong a Liguori durante una cena a casa sua.

L’inviato della Rai ha intervistato anche Wernher von Braun, il padre del programma spaziale americano, uno scienziato tedesco che progettò missili per la Germania durante la seconda guerra mondiale, emigrato poi negli Stati Uniti. Per il suo passato era visto con sospetto ma fu considerato uno dei più grandi esperti in campo missilistico.

I ricordi da inviato di Liguori hanno introdotto l’intervento della professoressa Patrizia Caraveo, dirigente di ricerca dell’Istituto nazionale di Astrofisica, docente all’Università di Pavia, nota a livello internazionale per i suoi studi sull’emissione di alta energia delle stelle di neutroni. Come ha scritto nel libro Conquistati dalla Luna, il satellite della Terra è sempre stato l’oggetto celeste che ha ispirato gli artisti, ha fatto sognare grandi scrittori e ha fatto nascere anche il genere della fantascienza. Le prime missioni spaziali erano molto rischiose e negli anni Sessanta ne fallivano i due terzi. Dopo i 12 astronauti andati sulla Luna tra il 69 e il 72, le missioni americane sono terminate, i sovietici hanno invece fatto solo missioni robotiche.

Negli Stati Uniti manca però un programma spaziale, la Nasa obbedisce ai presidente che si succedono i quali però hanno intenzioni diverse. Bush jr dichiarò di voler tornare sulla Luna ma poi non diede finanziamenti, Obama pensava agli asteroidi e poi a Marte (entro il 2035), Trump ha preferito nuovamente programmi per la Luna. Alla Nasa sono quindi ripartiti da zero, mettendo nel cassetto i progetti per Marte. “Von Braun nel 1969 dichiaro al Congresso che gli americani sarebbero arrivati su Marte nel 1984, ma poi i fondi, per pochi voti, non sono mai stati approvati” ha spiegato la Caraveo.

Ora sono i Cinesi a pensare alla Luna con una missione che ne esplora la faccia nascosta e per la quale è stato necessario un satellite ripetitore per poter rimanere in comunicazione. C’è stata anche una missione privata di Israele però la sonda si è schiantata.

Ora si pensa a costruire una stazione orbitante circumlunare e il futuro una villaggio lunare per ospitare gli astronauti, si prevede anche che la Luna possa essere una stazione di rifornimento per i razzi delle missioni su Marte, che potrebbero partire dalla terra più leggeri. Trump prevede la prossima missione nel 2024 ma non ci sono il lanciatore, la capsula e nemmeno i fondi.

“Sulla Luna ci siamo andati e molti scienziati pensano non sia più necessario e che sia molto meglio investire su Marte. Nel 2020 partirà una missione per il pianeta roso delle agenzie spaziali europea e russa,sulla quale c’è molta tecnologia italiana – ha spiegato la professoressa – Ci sarà una missione americana che farà carotaggi del suolo. Su Marte c’è stata l’acqua miliardi di anni fa perché ci sono letti di fiumi in secca, questo vuol dire che c’era atmosfera e gas, e che non faceva così freddo come ora, ci sarà stata qualche forma di vita? Con le missioni si cercheranno fossili di forme di vita semplice che sono molto difficili da trovare”.

Nella fase di dibattito si è ricordato soprattutto l’importanza delle missioni spaziali anche per la vita quotidiana sulla Terra. Dallo spazio si possono fare osservazioni per l’inquinamento e il clima, e molte tecnologie come i gps o la telemedicina sono nate proprio per le missioni spaziali. In attesa che l’uomo possa raggiungere Marte…